Adriano in Siria, Parigi, Hérissant, 1780

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Gran piazza d’Antiochia magnificamente adorna di trofei militari, composti d’insegne, armi ed altre spoglie de’ barbari superati. Trono imperiale da un lato. Ponte sul fiume Oronte che divide la città suddetta.
 
 Di qua dal fiume ADRIANO, sollevato sopra gli scudi da’ soldati romani, AQUILIO, guardie e popolo. Di là dal fiume FARNASPE ed OSROA con seguito di parti che conducono varie fiere ed altri doni da presentare ad Adriano
 
 CORO DI SOLDATI ROMANI
 
    Vivi a noi, vivi all'impero,
 grande Augusto, e la tua fronte
 su l'Oronte prigioniero
 s'accostumi al sacro allor.
 
5   Della patria e delle squadre
 ecco il duce ed ecco il padre
 in cui fida il mondo intero,
 in cui spera il nostro amor.
 
    Palme il Gange a lui prepari
10e d'Augusto il nome impari
 dell'incognito emisfero
 il remoto abitator. (Nel tempo che si canta il coro, scende Adriano e sciogliendosi quella connessione d’armi, che serviva a sostenerlo, que’ soldati che la componevano prendono ordinatamente sito fra gli altri)
 
 AQUILIO
 Chiede il parto Farnaspe
 di presentarsi a te. (Ad Adriano)
 ADRIANO
                                      Venga e s'ascolti. (Aquilio parte. Adriano sale sul trono e parla in piedi)
15Valorosi compagni,
 voi m'offrite un impero,
 non men col vostro sangue
 che col mio sostenuto, e non so come
 abbia a raccoglier tutto
20de' comuni sudori io solo il frutto.
 Ma se al vostro desio
 contrastar non poss'io, farò che almeno
 nel grado a me commesso
 mi trovi ognun di voi sempre l'istesso.
25A me non servirete;
 alla gloria di Roma, al vostro onore,
 alla pubblica speme,
 come finor, noi serviremo insieme. (Siede)
 CORO
 
    Vivi a noi, vivi all'impero,
30grande Augusto, e la tua fronte
 su l'Oronte prigioniero
 s'accostumi al sacro allor. (Nel tempo che si ripete il coro, passano il ponte Farnaspe ed Osroa sconosciuto, con tutto il seguito de’ parti. Sono preceduti da Aquilio che li conduce)
 
 FARNASPE
 Nel dì che Roma adora
 il suo cesare in te, dal ciglio augusto,
35da cui di tanti regni
 il destino dipende, un guardo volgi
 al principe Farnaspe. Ei fu nemico;
 ora al cesareo piede
 l'ire depone e giura ossequio e fede.
 OSROA
40Tanta viltà, Farnaspe,
 necessaria non è. (Piano a Farnaspe)
 ADRIANO
                                   Madre comune
 d'ogni popolo è Roma e nel suo grembo
 accoglie ognun che brama
 farsi parte di lei. Gli amici onora,
45perdona a' vinti e con virtù sublime
 gli oppressi esalta ed i superbi opprime.
 OSROA
 (Che insoffribile orgoglio!)
 FARNASPE
                                                    Un atto usato
 della virtù romana
 vengo a chiederti anch'io. Del re de' Parti
50geme fra' vostri lacci
 prigioniera la figlia.
 ADRIANO
                                       E ben?
 FARNASPE
                                                       Disciogli,
 signor, le sue catene.
 ADRIANO
                                         (Oh dei!)
 FARNASPE
                                                             Rasciuga
 della sua patria il pianto; a me la rendi
 e quanto io reco in guiderdon ti prendi.
 ADRIANO
55Prence, in Asia io guerreggio,
 non cambio o merco; ed Adrian non vende,
 su lo stil delle barbare nazioni,
 la libertade altrui.
 FARNASPE
                                    Dunque la doni?
 OSROA
 (Che dirà?)
 ADRIANO
                         Venga il padre;
60la serbo a lui.
 FARNASPE
                            Dopo il fatal conflitto,
 in cui tutti per Roma
 combatterono i numi, è ignota a noi
 del nostro re la sorte. O in altre rive
 va sconosciuto errando o più non vive.
 ADRIANO
65Finché d'Osroa palese
 il destino non sia, cura di lei
 noi prenderem.
 FARNASPE
                                Giacché a tal segno è Augusto
 dell'onor suo geloso,
 questa cura di lei lasci al suo sposo.
 ADRIANO
70Come! È sposa Emirena?
 FARNASPE
                                                 Altro non manca
 che il sacro rito.
 ADRIANO
                                (Oh dio!)
 Ma lo sposo dov'è?
 FARNASPE
                                     Signor, son io.
 ADRIANO
 Tu stesso! Ed ella t'ama?
 FARNASPE
                                                Ah, fummo amanti
 pria di saperlo ed apprendemmo insieme
75quasi nel tempo istesso
 a vivere e ad amar. Crebbe la fiamma
 col senno e con l'età. Dell'alme nostre
 si fece un'alma sola
 in due spoglie divisa. Io non bramai
80che la bella Emirena. Ella non brama
 che 'l suo prence fedel. Ma quando meco
 esser doveva in dolce nodo unita,
 signor, che crudeltà! mi fu rapita.
 ADRIANO
 (Che barbaro tormento!)
 FARNASPE
                                                Ah, tu nel volto,
85signor, turbato sei. Forse t'offende
 la debolezza mia. Di Roma i figli
 so che nascono eroi;
 so che colpa è fra voi qualunque affetto
 che di gloria non sia. Tanta virtude
90da me pretendi invano;
 Cesare, io nacqui parto e non romano.
 ADRIANO
 (Oh rimprovero acerbo! Ah si cominci
 su' propri affetti a esercitar l'impero).
 Prence, della sua sorte
95la bella prigioniera arbitra sia.
 Vieni a lei. S'ella siegue,
 come credi, ad amarti,
 allor... (dicasi alfin) prendila e parti. (Scende)
 
    Dal labbro che t'accende
100di così dolce ardor
 la sorte tua dipende
 (e la mia sorte ancor).
 
    Mi spiace il tuo tormento;
 ne sono a parte e sento
105che del tuo cor la pena
 è pena del mio cor. (Parte Adriano seguito da tutte le guardie e da’ soldati romani)
 
 SCENA II
 
 OSROA e FARNASPE
 
 OSROA
 Comprendesti, o Farnaspe,
 d'Augusto i detti? Ei d'Emirena amante,
 di te parmi geloso e fida in lei.
110Amasse mai costei il mio nemico?
 Ah! Questo ferro istesso
 innanzi alle tue ciglia
 vorrei... No, non lo credo. Ella è mia figlia.
 FARNASPE
 Mio re, che dici mai? Cesare è giusto;
115ella è fedele. Ah qual timor t'affanna!
 OSROA
 Chi dubita d'un mal, raro s'inganna.
 FARNASPE
 Io volo a lei. Vedrai...
 OSROA
                                         Va' pur ma taci
 ch'io son fra' tuoi seguaci.
 FARNASPE
                                                  Anche alla figlia?
 OSROA
 Sì; saprai, quando torni,
120tutti i disegni miei.
 FARNASPE
 Sì sì, mio re, ritornerò con lei.
 
    Già presso al termine
 de' suoi martiri
 fugge quest'anima,
125sciolta in sospiri,
 sul volto amabile
 del caro ben.
 
    Fra lor s'annodano
 sul labbro i detti;
130e il cor, che palpita
 fra mille affetti,
 par che non tolleri
 di starmi in sen. (Parte seguito da tutto l’accompagnamento barbaro)
 
 SCENA III
 
 OSROA solo
 
 OSROA
 Dalla man del nemico
135il gran pegno si tolga,
 che può farmi tremare, e poi si lasci
 libero il corso al mio furor. Paventa,
 orgoglioso roman, d'Osroa lo sdegno.
 Son vinto e non oppresso
140e sempre a' danni tuoi sarò l'istesso.
 
    Sprezza il furor del vento
 robusta quercia, avvezza
 di cento verni e cento
 l'ingiurie a tollerar.
 
145   E se pur cade al suolo,
 spiega per l'onde il volo
 e con quel vento istesso
 va contrastando in mar. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 Appartamenti destinati ad Emirena nel palazzo imperiale.
 
 AQUILIO, poi EMIRENA
 
 AQUILIO
 Ah, se con qualche inganno
150non prevengo Emirena, io son perduto.
 Cesare generoso
 a Farnaspe la rende, ancorché amante.
 E se tal fiamma obblia,
 che ad arte io fomentai, farà ritorno
155all'amor di Sabina, il cui sembiante
 porto sempre nel cor. Numi, in qual parte
 Emirena s'asconde? Eccola. All'arte.
 EMIRENA
 Aquilio.
 AQUILIO
                  Ah principessa, ah se vedessi
 da quai furie agitato
160Augusto è contro te! Farnaspe a lui
 ti richiese, gli disse
 che t'ama, che tu l'ami; e mille in seno
 di Cesare ha destate
 smanie di gelosia. Freme, minaccia;
165giura che in Campidoglio,
 se in te non è la prima fiamma estinta,
 ei vuol condurti al proprio carro avvinta.
 EMIRENA
 Questo è l'eroe del vostro Tebro? Questo
 è l'idolo di Roma? A me promise
170che al rossor del trionfo
 esposta non sarei. Non è fra voi
 dunque il mancar di fé colpa agli eroi?
 AQUILIO
 Se un violento amore
 agita i sensi e la ragione oscura,
175Emirena, gli eroi cangian natura.
 EMIRENA
 In trionfo Emirena? In Asia ancora
 si sa morir.
 AQUILIO
                        Senza parlar di morte
 v'è riparo miglior. Cesare viene
 ad offrirti Farnaspe; egli il tuo core
180spera scoprir così; deh non fidarti
 della sua simulata
 tranquillità. Deludi
 l'arte con l'arte. Il caro prence accogli
 con accorta freddezza. I don ricusa
185della sua man. Misura i detti e vesti
 di tale indifferenza il tuo sembiante
 come se più di lui non fossi amante.
 EMIRENA
 E il povero Farnaspe
 di me che mai direbbe? Ah! Tu non sai
190di qual tempra è quel core. Io lo vedrei
 a tal colpo morir sugli occhi miei.
 AQUILIO
 Addio. Pensaci; e trova,
 se puoi, miglior consiglio.
 EMIRENA
                                                 Odimi. Almeno
 corri, previeni il prence...
 AQUILIO
                                                 Eccolo.
 EMIRENA
                                                                Oh dio!
 AQUILIO
195Armati di fortezza. Io t'insegnai
 ad evitare il tuo destin funesto. (Parte)
 EMIRENA
 Misera me, che duro passo è questo!
 
 SCENA V
 
 ADRIANO, FARNASPE ed EMIRENA
 
 ADRIANO
 Principe, quelle sono
 le sembianze che adori?
 FARNASPE
                                               Ah sì! Son quelle;
200e sempre agli occhi miei sembran più belle.
 EMIRENA
 (Mi trema il cor).
 ADRIANO
                                   Vaga Emirena, osserva
 con chi ritorno a te. Più dell'usato
 so che grato ti giungo; afferma il vero.
 EMIRENA
 Non so chi sia quello stranier.
 FARNASPE
                                                        Straniero! (Rimane stupido)
 ADRIANO
205Che! Nol conosci?
 EMIRENA
                                   (Oh dio!) No.
 ADRIANO
                                                              Quei sembianti
 altrove hai pur veduti.
 EMIRENA
 No. (Se parlo, io mi scopro e siam perduti).
 ADRIANO
 Prence, questa è colei che teco apprese
 a vivere e ad amar?
 FARNASPE
                                       Io perdo il senno;
210non so più dove son né chi son io.
 EMIRENA
 (Le angustie di quel cor risente il mio).
 ADRIANO
 Se mai fosse timore il tuo ritegno,
 senti, Emirena: io degli affetti altrui
 non son tiranno; ecco il tuo ben; lo rendo,
215com'è ragione, al suo primiero affetto.
 EMIRENA
 (Emirena, costanza). Io non l'accetto.
 FARNASPE
 Principessa, idol mio, che mai ti feci?
 Son reo di qualche fallo?
 Sei sdegnata con me? Dubiti forse
220della mia fedeltà?
 EMIRENA
                                    Taci.
 FARNASPE
                                                Io son quello...
 EMIRENA
 Ma taci per pietà; n'è degno assai
 lo stato in cui mi vedi.
 FARNASPE
                                           Almen rammenta...
 EMIRENA
 Di nulla io mi rammento;
 nulla io so dir. Del mio destino avverso
225abbastanza m'affanna
 il tenor pertinace.
 Se oppressa non mi vuoi, lasciami in pace.
 FARNASPE
 Lasciami in pace! Ubbidirò, crudele;
 ma guardami una volta. In questa fronte
230leggi dell'alma mia... No, non mirarmi,
 barbara, se pur vuoi
 che ubbidisca Farnaspe a' cenni tuoi.
 
    Dopo un tuo sguardo, ingrata,
 forse non partirei,
235forse mi scorderei
 tutta l'infedeltà.
 
    Tu arrossiresti in volto,
 io sentirei nel core,
 più che del mio dolore,
240del tuo rossor pietà. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 ADRIANO ed EMIRENA che vuol partire
 
 ADRIANO
 Dove, Emirena?
 EMIRENA
                                 A pianger sola. Il pianto
 libero almen mi resti,
 giacché tutto perdei.
 ADRIANO
                                        Nulla perdesti.
 Io perdei la mia pace,
245cara, negli occhi tuoi.
 EMIRENA
                                         Da te sperai (In aria maestosa)
 più rispetto, o signor. L'animo regio
 non si perde col regno,
 che se il regno natio
 era della fortuna, il core è mio.
 ADRIANO
250(Bella fierezza!) E in che t'offendo? Io posso
 offerirti, se vuoi,
 e l'impero e la man.
 EMIRENA
                                       No, tu nol puoi;
 son promessi a Sabina.
 ADRIANO
                                             È ver, l'amai
 quasi due lustri. Hanno a durare eterni
255alfin gli amori? Io non suppongo in lei
 tanta costanza; ed or diverso assai
 son io da quel che fui. Veduto allora
 non avevo il tuo volto; ero privato,
 ero vicino a lei. Sospiro adesso
260ne' lacci tuoi; porto l'alloro in fronte;
 e Sabina è sul Tebro, io su l'Oronte.
 
 SCENA VII
 
 AQUILIO frettoloso e detti
 
 AQUILIO
 Signor...
 ADRIANO
                   Che fu?
 AQUILIO
                                    Dalla città latina
 giunge...
 ADRIANO
                   Chi giunge mai?
 AQUILIO
                                                    Giunge Sabina.
 ADRIANO
 Sommi dei!
 EMIRENA
                         (Qual soccorso!)
 ADRIANO
                                                         E che pretende?
265Per sì lungo cammin... senza mio cenno...
 Non t'ingannasti già?
 AQUILIO
                                          Senti il tumulto
 del popolo seguace
 che la saluta augusta.
 ADRIANO
                                         Aquilio, oh dio!
 Va', conducila altrove. In questo stato
270non mi sorprenda. A ricompormi in volto
 chiedo un momento. Ah poni ogni arte in uso.
 AQUILIO
 Signor, viene ella stessa.
 ADRIANO
                                               Io son confuso.
 
 SCENA VIII
 
 SABINA con seguito di matrone e cavalieri romani e detti
 
 SABINA
 Sposo, Augusto, signor, questo è il momento
 che invan finor bramai; giunse una volta;
275son pur vicina a te. Soffri che adorno
 di quel lauro io ti miri
 che costa all'amor mio tanti sospiri.
 ADRIANO
 (Che dirle?)
 SABINA
                          Non rispondi?
 ADRIANO
                                                       Io non sperai...
 Potevi pure... (Oh dio!) Chiede ristoro
280la tua stanchezza. Olà. Di questo albergo
 a' soggiorni migliori
 passi Sabina e al par di noi si onori.
 SABINA
 Che! Tu mi lasci? Il mio riposo io venni
 a ricercare in te.
 ADRIANO
                                 Perdona; altrove
285grave cura or mi chiama.
 SABINA
                                                Era una volta
 tua dolce cura ancor Sabina.
 ADRIANO
                                                      È vero;
 ma la cura più grande oggi è l'impero. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 SABINA, EMIRENA, AQUILIO
 
 SABINA
 Aquilio, io non l'intendo.
 AQUILIO
                                                E pur l'arcano
 è facile a spiegar. Cesare è amante;
290questa è la tua rival. (Piano a Sabina)
 EMIRENA
                                         Pietosa Augusta,
 se lungamente il cielo
 a Cesare ti serbi, un'infelice
 compatisci e soccorri. E regno e sposo
 e patria e genitor, tutto perdei.
 SABINA
295(Mi deride l'altera!)
 EMIRENA
                                        Un bacio intanto
 su la cesarea man...
 SABINA
                                      Scostati. (Ritirandosi) Ancora
 non son moglie d'Augusto; e quanto dici
 misera tu non sei. Poco ti tolse,
 lasciandoti il tuo volto,
300l'avversa sorte. Acquisterai, se vuoi,
 più di quel che perdesti; e forse io stessa
 la pietà che mi chiedi
 mendicherò da te.
 EMIRENA
                                    La mia catena...
 SABINA
 Non più, lasciami sola.
 EMIRENA
                                            (Oh dei, che pena!)
 
305   Prigioniera abbandonata
 pietà merto e non rigore.
 Ah! Fai torto al tuo bel core
 disprezzandomi così.
 
    Non fidarti della sorte;
310presso al trono anch'io son nata;
 e ancor tu fra le ritorte
 sospirar potresti un dì. (Parte)
 
 SCENA X
 
 SABINA ed AQUILIO
 
 AQUILIO
 (Tentiam la nostra sorte).
 SABINA
                                                 Il caso mio
 non fa pietade, Aquilio?
 AQUILIO
                                               È grande invero
315l'ingiustizia d'Augusto. Ei non prevede
 come puoi vendicarti. A te non manca
 né beltà né virtù. Qual freddo core
 non arderà per te? Sugli occhi suoi
 dovresti...
 SABINA
                      Che dovrei? (Con serietà e sdegno)
 AQUILIO
320Seguitarlo ad amar, mostrar costanza
 e farlo vergognar d'esserti infido.
 (Si turba il mar, facciam ritorno al lido). (Parte)
 
 SCENA XI
 
 SABINA sola
 
 SABINA
 Io piango! Ah no, la debolezza mia
 palese almen non sia. Ma il colpo atroce
325abbatte ogni virtù. Vengo il mio bene
 fino in Asia a cercar; lo trovo infido,
 al fianco alla rivale,
 che in vedermi si turba,
 m'ascolta a pena e volge altrove il passo;
330né pianger debbo? Ah piangerebbe un sasso.
 
    Numi, se giusti siete,
 rendete a me quel cor;
 mi costa troppe lagrime
 per perderlo così.
 
335   Voi lo sapete, è mio.
 Voi l'ascoltaste ancor
 quando mi disse addio,
 quando da me partì. (Parte)
 
 SCENA XII
 
  Cortili del palazzo imperiale, con veduta interrotta d’una parte del medesimo che soggiace ad incendio ed è poi diroccata da guastatori. Notte.
 
 OSROA dalla reggia con face nella destra e spada nuda nella sinistra. Seguito d’incendiari parti e poi FARNASPE
 
 OSROA
 Feroci parti, al nostro ardir felice
340arrise il ciel. Della nemica reggia
 volgetevi un momento
 le ruine a mirar. Pure è sollievo
 nelle perdite nostre
 quest'ombra di vendetta. Oh come scorre
345l'appreso incendio e quanti al cielo innalza
 globi di fumo e di faville! Ah, fosse
 raccolto in quelle mura,
 ch'or la partica fiamma abbatte e doma,
 tutto il Senato, il Campidoglio e Roma.
 FARNASPE
350Osroa, mio re.
 OSROA
                             Guarda, Farnaspe. È quella
 opera di mia man. (Accennando l’incendio)
 FARNASPE
                                      Numi! E la figlia?
 OSROA
 Chi sa; fra quelle fiamme,
 col suo Cesare avvolta,
 forse de' torti tuoi paga le pene.
 FARNASPE
355Ah Emirena! Ah mio bene! (Vuol partire)
 OSROA
                                                     Ascolta. E dove?
 FARNASPE
 A salvarla e morir. (Come sopra)
 OSROA
                                      Come! Un'ingrata
 che ci manca di fé, pone in obblio...
 FARNASPE
 È spergiura, lo so, ma è l'idol mio. (Getta il manto ed entra tra le fiamme e le ruine della reggia)
 
 SCENA XIII
 
 OSROA solo
 
 OSROA
 Se quel folle si perde,
360noi serbiamoci, amici, ad altre imprese.
 Vadan le faci a terra. Al noto loco
 ritornate a celarvi. (Parte il seguito) E pure, ad onta
 del mio furor, sento che padre io sono.
 Non so quindi partir. Sempre mi volgo
365di nuovo a quelle mura. Eh non s'ascolti
 una vil tenerezza. Ah! Forse adesso
 però spira la figlia; e forse a nome
 moribonda mi chiama. A tempo almeno
 fosse giunto Farnaspe. Il lor destino
370voglio saper. Dove m'inoltro? Oh dei!
 Di qua gente s'appressa;
 di là cresce il tumulto; e tutto in moto
 è il cesareo soggiorno. Oh amico! Oh figlia!
 Parto? Resto? Che fo? Senza salvarli
375mi perderei. Ma giacché tutto, o numi,
 volevate involarmi,
 questi deboli affetti a che lasciarmi? (Fugge)
 
 SCENA XIV
 
 EMIRENA fuggendo, indi FARNASPE incatenato fra le guardie romane
 
 EMIRENA
 Misera, dove fuggo?
 Chi mi soccorre? Almen sapessi... Oh dei,
380Farnaspe!
 FARNASPE
                      Principessa.
 EMIRENA
 Tu prigionier?
 FARNASPE
                              Tu salva?
 EMIRENA
                                                  Agl'infelici
 difficile è il morir. Di quelle fiamme
 sei tu forse l'autor?
 FARNASPE
                                      No, ma si crede.
 EMIRENA
 Perché?
 FARNASPE
                  Perché son parto,
385perché son disperato, in quelle mura
 perché fui colto.
 EMIRENA
                                E a che venisti?
 FARNASPE
                                                               Io venni
 a salvarti e morir.
 EMIRENA
                                    Ma se tu mori,
 credi salva Emirena?
 FARNASPE
                                          Ah perché mai
 mi schernisci così? Troppo è crudele
390questa finta pietà.
 EMIRENA
                                    Finta la chiami?
 FARNASPE
 Come crederla vera? Assai diversa
 parlasti, o principessa.
 EMIRENA
 Il parlar fu diverso, io fui l'istessa.
 FARNASPE
 Ma le fredde accoglienze?
 EMIRENA
                                                 Eran timore
395d'irritar d'Adriano il cor geloso.
 FARNASPE
 E da lui che temevi?
 EMIRENA
 D'un trionfo il rossor.
 FARNASPE
                                          Se generoso
 la mia destra t'offerse?
 EMIRENA
                                             Arte inumana
 per leggermi nel cor.
 FARNASPE
                                         Dunque son io...
 EMIRENA
400La mia speme, il mio amor.
 FARNASPE
                                                     Dunque tu sei...
 EMIRENA
 La tua sposa costante.
 FARNASPE
                                          E vivi...
 EMIRENA
                                                           E vivo
 fedele al mio Farnaspe. A lui fedele
 vivrò sino alla tomba. E dopo ancora
 ne porterò nell'alma
405l'immagine scolpita,
 se rimane agli estinti orma di vita.
 FARNASPE
 Non più, cara, non più. Basta, ti credo.
 Detesto i miei sospetti;
 te ne chieggo perdon. Barbare stelle,
410e pure ad onta vostra
 misero non son io. Disfido adesso
 i tormenti, gli affanni,
 le furie de' tiranni,
 la vostra crudeltà. M'ama il mio bene;
415il suo labbro mel dice;
 in faccia all'ire vostre io son felice. (Partendo)
 EMIRENA
 Ah, non partir.
 FARNASPE
                              Conviene
 seguir la forza altrui.
 EMIRENA
                                         Farnaspe, oh dio!
 Che mai sarà di te?
 FARNASPE
                                       Nulla pavento.
420Sarà la morte istessa
 terribile soltanto
 che negato mi sia morirti accanto.
 
    Se non ti moro allato,
 idolo del cor mio,
425col tuo bel nome amato
 fra' labbri io morirò.
 
 EMIRENA
 
    Se a me t'invola il fato,
 idolo del cor mio,
 col tuo bel nome amato
430fra' labbri io morirò.
 
 FARNASPE
 
    Addio, mia vita.
 
 EMIRENA
 
                                    Addio,
 luce degli occhi miei.
 
 FARNASPE
 
 Quando fedel mi sei,
 che più bramar dovrò?
 
 EMIRENA
 
435   Quando il mio ben perdei,
 che più sperar potrò?
 
 A DUE
 
 FARNASPE
 
    Un tenero contento,
 eguale a quel ch'io sento,
 numi, chi mai provò!
 
 EMIRENA
 
440   Un barbaro tormento,
 eguale a quel ch'io sento,
 numi, chi mai provò!
 
 Fine dell’atto primo